Parrocchia di San Siro

Curiosità

CURIOSITA' sulla CATTEDRA EPISCOPALE DI SAN SIRO:
un caso di conflitto tra Stato e Chiesa nel '700
(da un articolo di Nilo Calvini)

 

    La vicenda riguarda la cattedra episcopale della Collegiata di San Siro. La città di San Remo, infatti, fino all'ano 1831, era ricompresa sotto la giurisdizione diocesana del Vescovo di Albenga. Questi, a seguito delle condizioni legate ad un lascito delle famiglia sanremasca Palmari  (sex. XIV) risiedeva 6 mesi all'anno presso la Collegiata di San Siro. Per questa ragione, quindi, la chiesa aveva l'appellattivo di Cattedrale e in essa trovava posto la cattedra episcopale. 

    A seguito della Rivoluzione di San Remo contro Genova nel 13 giugno 1751. Repressa che fu la rivolta con pensanti vendette genovesi, attuate dal feroce Generale Agostino Pinelli - tra cui l'abbattimento del campanile della chiesa e la rimozione del campanone proprio il 7 luglio, solennità del titolare della Collegiata, San Siro. -

     Il Sostituto di Pinelli, Francesco Maria Sauli, Governatore genovese, fece costruirei il forte di Santa Tecla coi cannoni posti verso la città, fece distruggere il Castello della Pigna (di fronte alla Madonna della Costa). Nel mese di ottobre si accanì contro il clero di S. Remo oltraggiando il Vescovo di Albenga, Mons. Serra rifiutandogli il primato della cattedra nella Collegiata, rimuovendola dal presbiterio e sostituendola con il proprio seggio. Negò al clero e al Capitolo della Collegiata gli onori loro dovuti, che esigeva per sé. Il Governatore infatti pretendeva che nelle feste di S. Francesco d’Assisi e quelle del mese del Dicembre del 1753 di ricevere alcuni degli onori ecclesiastici spettanti al Vescovo (essere ricevuto dal Capitolo alla porta della Collegiata di San Siro, accompagnato dai Canonici in presbiterio, e posizionare la propria Cattedra, ricevere l’incensazione con tre colpi doppi, e non uno doppio, e essere riaccompagnato fuori della chiesa al termine delle funzioni.).

Il Canonico Prevosto della Collegiata, don Giovanni Callo, però, coadiuvato dai Canonici del Capitolo e sostenuto moralmente dal popolo, rifiutò con ardita franchezza. La cittadinanza era infatti ancora fremente per la rivolta soffocata nel sangue, impoverita dalla vendetta genovese (con la confisca dei beni comunali e privati, con imposte pesanti, con la carcerazione di molti cittadini – tra cui una decina di preti -). 
 
L’ira del Governatore provocò la fuga degli ultimi Canonici restati e quella dello stesso Prevosto, che detta una messa non cantata al mattino in Collegiata, scappò in esilio e si rivolse al Vescovo di Albenga, il nobile genovese Costantino Serra, che protestò presso il Governo e informò la Sacra Congregazione dei Riti ed il Pontefice in persona, Benedetto XIV (foto) delle interferenze civili nella sfera religiosa.
 
Poichè Genova, sorda ai richiami dei fratelli del Vescovo Serra, giustificava le pretese del Sauli, il Vescovo allora il 9 aprile 1753 ordinò ai Canonici e al Prevosto Can. Callo di tornare in città, riaprire la Collegiata, continuare i propri incarichi e ricollocare la cattedra vescovile nel presbiterio al suo posto in cornu Evangelii (a sinistra), precisando che nessun laico poteva ricevere onori religiosi, sotto pena di scomunica.
Lanciò inoltre l’interdetto sulla Collegiata poiché i suoi ordini non furono eseguiti, e fece chiudere, per tanto, le porte della chiesa, minacciando di scomunica chi avesse tolto il decreto di interdetto dal portone e chi fosse entrato nella chiesa.
 
Sauli lo fece strappare, nottetempo e di nascosto, per non farsi considerare scomunicato e per non liberare i suoi soldati e la popolazione dal giuramento di obbedienza e di rispetto dovutigli. 
Il Popolo di S. Remo però aveva avuto tempo di leggere il decreto e, affezionato al suo Clero, e fiducioso nel Vescovo, che difendeva moralmente la città e che si opponeva alla tracotanza di Genova, assunse un atteggiamento sempre più riottoso e ostile nei confronti del Governo Genovese.
 
Nel frattempo Genova decise una politica di scontro diretto sia contro il Vescovo di Albenga, (nonostante fosse membro di una nobile famiglia genovese) che osava opporsi fermamente alla Serenissima Repubblica di Genova, sia contro il Papa!
    Il Senato genovese infatti aveva cercato in più maniere di “contattare” il Vescovo per avere l’occasione di prelevarlo e condurlo a forza a Genova su una galera armata inviata appositamente ad Albenga alla fine dell’aprile del 1754. Avvertito per tempo, il Vescovo partì da Albenga con la scusa di una lunga visita pastorale delle parrocchie della propria diocesi, che ebbe la geniale idea di iniziare proprio da quelle che si trovavano in territorio sabaudo (Oneglia e Loano), ove i soldati genovesi non avrebbero mai osato entrare, garantendosi così immunità e protezione.
    Sull’altro fronte, nel frattempo, il Governo Genovese cercò di ottener miglior fortuna. Affidò al Gesuita genovese p. Luigi Centurione (che allora era Preposito Generale della Compagnia, foto), l’incarico di rendicontare al Papa la vicenda, in modo da giustificarne l’operato genovese e ottenere appoggio, sostenendo che nella Collegiata di S. Siro dovesse restare la sedia del Governatore e non la Cattedra del Vescovo, poiché così voleva l’uso.
    Il Papa, però da tempo informato dal Capitolo di S. Siro delle prepotenze dei genovesi contro il Clero di S. Remo, e dei ben peggiori saccheggi e profanazioni delle chiese durante la rivoluzione, sapeva  perfettamente che la Cattedra del Vescovo di Albenga non era più al suo posto (nel presbiterio della Collegiata di San Siro) non per “usi locali”, ma perché era stata rimossa con violenza dallo stesso Sauli, solo un anno prima e a seguito della repressione del Pinelli.
    Con lettera del 20 agosto 1754 il Benedetto XIV ordinò quindi che essa fosse ricollocata al suo posto e che lì dovesse restare permanentemente; concesse che il seggio del Governatore genovese fosse collocata accanto a quella del Vescovo, in presbiterio, qualora egli assistesse al Sacrificio Eucaristico, mai poi rimossa terminata la S. Messa; rifiutò, inoltre, di formalizzare i richiami al Vescovo richiesti da Genova, vietò ogni pretesa di spostamento o rimozione dello stesso di Mons. Serra e stabilì alcune misere cerimonie da rendere al Governatore di Genova a S. Remo durante i Pontificali (segno della pace-però data dal suddiacono-; incensazione con due tratti e non con tre.).
 
    Genova dovette cedere. Il Vescovo Mons. Serra, su consiglio del Papa, si recò a Genova di sua spontanea volontà ma viaggiando non sulla galera della repubblica genovese, per comporre pacificamente la controversia, e tolse l’interdetto dalla Collegiata di S. Siro (31 agosto 1754). 
 
    Il 13 ottobre 1755 recatisi il Vescovo ed il Governatore nella Collegiata di S. Siro per la festa del Santo Patrono di S. Remo, S. Romolo, il Sauli (seduto sul proprio seggio accanto alla cattedra episcopale), nonostante le disposizioni pontifici si arrabbiò per l’incensazione con due tratti di turibolo concsessigli dal Papa (anziché tre, come dovuti al Vescovo).
 
    Alla partenza del Vescovo, volle quindi rimuovere la Cattedra episcopale (su cui Mons. Serra non aveva neppure preso posto, per segno di umiltà lasciando solo il proprio seggio) nonostante gli accordi con Genova, che erano stati formalizzati dal Senato la trascorsa estate. Ma dovette cedere alle resistenze del Capitolo e della popolazione.
 
    Da allora, e per 20 anni, i Vescovi di Albenga, per evitare occasioni di conflitto, non parteciparono a funzioni in cui era prevista la presenza anche dei Governatori e questi non interveniva a quelle in cui il Vescovo celebrava.
 
    Solo nel 1768, il nuovo e leale Governatore, Cesare De Franchi riletti gli accordi del 1754 e le bolle del Papa, si attese a quanto previsto e chiuse definitivamente la vertenza lasciando la cattedra episcopale al suo legittimo posto, consentendo di rimuovere il proprio seggio quando non serviva, e rinunciando agli onori ecclesiastici concessi al proprio ufficio di Governatore.
 
Francesco Rilla
(da Nilo Calvini, Di un conflitto tra Stato e Chiesa a S. Remo nel ‘700, Bollettino ligustico per la Storia e la Cultura regionale, Genova 1951, 3)


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