Parrocchia di San Siro

Curiosità: Il cappero di san Siro

Le piante di cappero
cresciute sui portali laterali della Basilica di San Siro
di Giuseppe Bestagno

I restauri, che stanno per essere ultimati, ai portali laterali della Basilica di San Siro e la preoccupazione di molti cittadini, e in particolare dei vecchi   sanremaschi, sulla sorte delle piante di cappero, cresciute spontaneamente nelle connessure della struttura muraria del timpano, ci inducono a trascrivere da "Antologia della prosa scientifica italiana del Seicento" (a cura di E. Falqui, Vallecchi ed. 1943 vol. II p. 454) un brano di Daniello Bartoli (1608-1685) intitolato "Il granellino dentro la muraglia".
Sebbene il "granellino" di cui tratta Daniello Bartoli sia un seme di fico, e non già di cappero, la descrizione è talmente perfetta ed appropriata che riteniamo opportuno riportarla, qui di seguito, per intero: "Seneca, ne' suoi libri della naturale filosofia, propone a considerare come miracolo (e ne ha ragione) l'insuperabil forza di un così piccolissimo seme, com'è, per esempio, il granellino della polpa d'un fico, cosa appena visibile, portato per avventura dal vento, con esso altra polvere, nelle giunture un poco aperte di due marmi d'un qualunque saldo edificio, o dove uno scoglio, una rupe sia fessa solamente pochissimo: quel granellino quivi entro, germoglia, gitta le sue radici, cresce, ingrandisce, si fa albero, per così dire pensile, che chiamiamo caprifico. Or l'ammirabile d'esso è quell'insensibile ingrossare, e quello spargere che va facendo le sue radici per dovunque può metterne filo, ha forza che basta a sconnettere, a fendere, sconquassare una fabbrica, tenutasi contro alle centinaia d'anni, senza risentirsi, e gittare un pelo:
e saldezze smisurate di travertino, ed altri marmi, e selci di dura vena, spezzarle, fracassarle, dividerle, quanto appena mai farebbe la gagliardia d'un fulmine e le scosse d'un orribil tremuoto. Ne vediamo a luogo a luogo in queste anticaglie di Roma, ed è cosa d'ogni paese".

Questa descrizione trova un preciso riscontro con quanto è accaduto per i
portali della nostra Basilica, tanto più se si pensi che dall'epoca della costruzione ad opera dei Maestri Comacini agli inizi del XII secolo fino ai giorni nostri essi non ebbero mai a subire alcun restauro, ben avendo resistito all'ingiuria degli agenti atmosferici, e pressoché intatti sarebbero, presumibilmente, ancora rimasti se non si fosse verificata la lenta opera demolitrice delle piante di cappero che vi hanno trovato favorevole sede.

Gli effetti del "granellino", così ben delineati dal Bartoli che si rifà a Seneca a proposito del caprifico, sono i medesimi per la Basilica di San Siro.
Nel nostro caso trattasi di Capparis spinosa L., pianta a tutti ben nota. Nella seconda edizione di "Riviera Nature Notes" edita a Londra nel 1903, il cui Autore si nasconde sotto la sigla C.C. (testo cortesemente fornitoci dal Sig. Alfredo Moreschi che ringraziamo), in una piccola nota l'Autore riferisce che Mr. C. Bicknell segnala un raro esemplare di Capparis rupestris sul portale della Basilica di San Siro in Sanremo, ma va rilevato che attualmente, attraverso successive revisioni tassonomiche, questa specie è stata inclusa in Capparis spinosa L. (S. Pignatti - Flora ltalica vol. I Edagricole - Bologna 1982).
Stabilire con esattezza l'età della pianta insediatasi sopra il timpano del por- tale destro della Basilica, nel quale si sono verificati i maggiori danni, è cosa pressoché impossibile. Tuttavia, considerata la segnalazione di Bicknell risalente a fine ottocento, la lunghezza delle radici (messe a nudo dai restauri) che dalla sommità del timpano raggiungevano il terreno penetrando vi dopo un percorso di circa cinque metri nella muratura e tenendo, altresì, conto della loro lenta, difficile opera di penetrazione, si può ritenere che la pianta fosse plurisecolare. Ciò spiega come "il cappero di San Siro" oltre a costituire, con la sua ricca, delicata fioritura, un elemento assai decorativo in tenero contrasto con l'austerità della Basilica, abbia anche assunto per i cittadini di Sanremo un valore storico e particolarmente affettivo.


Se pur è arduo, come s'è detto, stabilire con precisione quando il seme del cappero ha iniziato a germogliare nei muri del portale è, per contro, assai facile stabilire come il seme sia giunto nel suo insediamento. È noto che la germinabilità dei semi in alcune piante è difficilissima. Per l'agrifoglio, ad esempio, la germinabilità è di un milionesimo. Il cappero rientra fra queste piante. Tuttavia se il seme viene ingurgitato da un uccello, la temperatura corporea di questo animale permette una maggiore attività dei fermenti che hanno parte nella germinazione, e questa viene, quindi, assicurata mediante il passaggio del seme attraverso l'apparato digerente dell'animale. Artificialmente la germinazione può essere ottenuta anche con la permanenza del seme per parecchie ore in acqua tiepida. A titolo di curiosità si ricorda che i vecchi contadini usavano immettere il seme del cappero in un fico maturo che veniva poi introdotto fra le pietre di un muro assieme a calcinacci.
La pianta, infatti, prospera su substrati calcarei e ciò ben spiega come abbia trovato ottime possibilità di sviluppo nei muri della Basilica costruiti adoperando, tanto all'esterno quanto all'interno, il calcare compatto proveniente dalla cava di Verezzo lavorato a conci regolari e riempiendo poi l'intercapedine, che si veniva creando fra le due pareti, con pietrame e calce idraulica mista a sabbia.
I danni prodotti dalle piante di cappero ai portali della nostra Basilica, specie al portale laterale destro ove prosperava l'ormai famoso "tapanu de San Sci", sono stati indubbiamente notevoli fino a far temere il crollo delle strutture.
Le radici con la loro lenta inesorabile crescita sono riuscite a scardinare la
struttura del timpano, a fessurare conci e ad incrinare persino la colonnina collocata nello spigolo della strombatura. Ovunque hanno lasciato profonde orme nella pietra.
L'opera di restauro, in via di ultimazione, condotta sotto l'egida della Sovrintendenza alle Belle Arti della Regione Liguria, ha richiesto il completo smontaggio delle strutture murarie dei portali e l'estirpazione delle piante col loro voluminoso apparato radicale e ciò, almeno, per la porzione di radici presente nella muratura. Dove poi giungessero le restanti radici che proseguivano il loro cammino nel terreno sotto strada nessuno, forse, potrà dire.
A quanti chiedono dei capperi dei portali della Basilica di San Siro, o semplicemente del "tapanu de San Sci", questa è stata la sorte. Il "tapanu" non poteva in alcun modo esser salvato, come da generale richiesta. Sono stati salvati i portali. Tuttavia non c'è da disperare. Sensibile alle numerosissime pressioni da parte della cittadinanza "sanremasca", la Sovrintendenza alle Belle Arti della Regione Liguria sta approntando un contenitore in ardesia, opportunamente studiato, in armonia con l'architettura della Basilica, da porsi accanto al timpano, nel quale verrà sistemata una pianta di cappero da seme (non già da talea) reperibile in Sicilia.
In un tempo ormai lontano tale pianta sarebbe giunta a noi via mare, con uno di quei velieri, che trasportavano zolfo o marsala, impressi nella memoria della nostra infanzia. Ci giungerà, invece, per ferrovia, crescerà accudita nell'apposito vaso senza arrecare danni, non sarà più il "tapanu de San Sci", ma semplicemente un modesto, tangibile ricordo di ciò che è stato il "tapanu de San Sci" cantato dai poeti, amato, ammirato e fissato in innumerevoli immagini.

Estratto da "Civitas Sancti Romuli" -Ed. MCMLXXXVI


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