Parrocchia di San Siro

Il Battistero di S. Giovanni

Il Battistero di Sanremo.

Il Battistero di Sanremo è dedicato a San Giovanni Battista. Si trova nella zona della città chiamata Piano, che, insieme alla Pigna ed alla Marina forma il complesso del centro storico locale. Dal punto di vista urbanistico, l'edificio è collocato a Levante della parrocchiale collegiata, ora concattedrale, di San Siro e a Meridione dell'oratorio dell'Immacolata. Il Battistero fa parte del complesso di quattro edifici sacri che insistevano sulla piazza. Ora gli edifici sacri sono rimasti tre, a causa della demolizione dell'oratorio di San Germano, al cui posto si trova la struttura delle opere parrocchiali.

L'edificio attuale.

Il Battistero si presenta con una pianta a croce greca sovrastata da una ragguardevole cupola. Le sue volumetrie sono relativamente semplici ed integrate nel contesto urbano. Il portale di accesso è affiancato da un paramento murario residuo dell'edificio sacro medievale preesistente databile prima del XIII secolo. Lo sviluppo della struttura è stato chiarito nel corso di campagne archeologiche condotte a ridosso del 1960.
All'interno si trova una cospicua collezione di opere d'arte, soprattutto pittoriche, provenienti da altri edifici sacri sanremesi, come dal demolito oratorio di San Germano o da altari ormai scomparsi.

Lineamenti storici.

Prime citazioni ed immagine iniziale.

Nel 1123 viene stipulato un documento sotto una noce, in un orto dietro la chiesa di San Giovanni Battista. Si tratta della prima citazione relativa alla chiesa di San Giovanni. Si badi: si parla di chiesa e non di "battistero". Le indagini archeologiche provano un'esistenza originale di un edificio la cui pianta non è assimilabile ad un edificio battesimale. San Remo è una città ancora circondata dalla campagna lussureggiante, ma, in pieno Medioevo, la campagna arrivava a lambire anche gli edifici principali. Nel 1164 l'orto è già divenuto una piazza, in relazione all'innalzamento delle vicine case canoniche. Nel 1210 la piazza è già individuata come "chiostro", destinato ai canonici (sacerdoti componenti il collegio relazionato forse in origine al Vescovo di Genova, signore di San Remo fino al 1297.
E' finalmente definito il cosiddetto Resettu, la piazza-chiostro dei canonici, sotto il quale si trovano spazi cimiteriali, e, forse, alcuni elementi utili alla definizione degli spazi originali del Battistero.

Alla scoperta dello scavo: nelle viscere di San Remo.

Nel 1960 vengono pubblicati i risultati degli scavi intrapresi già a partire dal 1950-51. In base alla documentazione d'archivio si aveva conoscenza dell'aura di antichità specifica dell'edificio. Era dunque necessario indagarne le fasi iniziali. Le ricerche erano andate subito alla ricerca di un importante fonte battesimale, eliminato nel corso dei lavori del secondo quarto del XVII secolo. Il fonte non è stato mai trovato, benché nel 1950 Antonio Canepa abbia individuato comunque due elementi che potrebbero anche far pensare ad una originale struttura ad immersione. Si era comunque nelle concitate e complesse fasi dei primi scavi. Sono stati definiti, invece, vari livelli pavimentali, di lettura non facile. In parallelo, si sono scavate aree di sepoltura e sono emersi anche sepolcri isolati collocabili in una piena fase medievale.

Visita guidata dello scavo sotto l'attuale pavimento del Battistero.

L'età romana.

Con relativa facilità è possibile accedere ad uno degli spazi più misteriosi di San Remo. Si tratta dello scavo archeologico sotto il Battistero. Possiamo dunque scendervi. Siamo immediatamente all'altezza del settore di levante. Proprio sotto di noi si trovano i minimi resti del passato di età romana della città. Sono tracce, minimi brandelli. L'epoca di queste vestigia è stata riconosciuta grazie alla ceramica di età romana che vi è stata rinvenuta. Raccontano una storia iniziale, con l'insediamento a ridosso della strada Iulia Augusta, in età imperiale (I-II sec. d.C.). Vi era dunque un centro abitato, con una sua necropoli (cimitero). Le tombe sono state ritrovate nel quartiere dei Costiglioli, vicino all'attuale chiesa dei Cappuccini ed al Casino. Nel Civico Museo Archeologico di Palazzo Borea d'Olmo è possibile osservare i cospicui resti provenienti dalla necropoli. Anche nel 1636, durante i lavori di ristrutturazione dell'oratorio di San Germano, oggi non più esistente, posto monte del Battistero, erano emerse strutture che le testimonianze dell'epoca individuano come "antichissime". Si trattava probabilmente delle vestigia di età romana. A fianco delle minime tracce di età romana, già nel 1950 era stata rinvenuta una pietra in forma di parallelepipedo, con coppella centrale scavata e canaletta di scolo. Un apparente ara, di non facile collocazione cronologica, forse spostata dalla sua sede originale.

Il Medioevo.

Proseguendo, si incontrano elementi molto interessanti. Basta osservare a sinistra, quasi contro il muro. Si tratta della base di un pilastro sagomato. E' costituito di pietre relativamente sbozzate. Stretto e lungo, appare come ultimo elemento sopravvissuto di una serie di pilastri, dei quali si individuano le fosse di fondazione tanto in asse con quello sopravvissuto quanto verso sud, dove si individuano gli alloggiamenti dei pilastri paralleli. L'individuazione del pilastro e delle sequenze relative agli altri è di importanza basilare, perché si individua l'esistenza di una chiesa medievale originale a tre navate. Era dunque così la chiesa di San Giovanni citata dai documenti del XII secolo. Ovviamente la pianta a tre navate non si concilia con la forma tipica delle chiese battesimali altomedievali. Appare dunque probabile che la chiesa non avesse questa funzione. Il titolo di San Giovanni Battista non rimanda solo alle funzioni battesimali, ma anche al patronato genovese. È così possibile pensare ad un riferimento originale al vescovo di Genova, che in San Giovanni aveva la "sua" chiesa. Si ripete a San Remo lo schema delle "cattedrali doppie" presenti in molti centri italiani, anche se la città non aveva titolo vescovile, collocato a Ventimiglia e ad Albenga. San Remo dipendeva da Albenga. Le chiese di San Giovanni e di San Siro apparivano dunque vicini e simili. All'esterno, sul lato della chiesa attuale rivolto verso San Siro, si nota ancora un brano murario medievale. Va detto che l'andamento della muratura è più preciso e regolare rispetto al sistema visibile nella base di pilastro superstite. Potrebbe comunque trattarsi di una fase di sistemazione anche relativamente successiva. La datazione del pilastro è comunque collocabile tra il 1050 ed il 1100 circa. Si è in una fase anteriore all'arrivo delle maestranze lombarde, protagoniste della ricostruzione della chiesa di San Siro nel XIII secolo. In ogni caso il complesso monumentale ha avuto anche fasi anteriori al secolo XI. Nel complesso delle canoniche è stato infatti trovato un frammento di pilastrino in marmo databile al secolo VIII. È conservato presso il Civico Museo Archelogico ed appare un esempio di espressione artistica con riflessi del gusto longobardo.

Dal XV al XVI secolo.

Appare molto significativo l'uso cimiteriale della struttura nella dimensione tardomedievale. Ne sono testimonianza lo scavo di fosse o la costruzione di vere e proprie tombe a più livelli, probabilmente destinate all'uso di specifiche famiglie. Nella San Remo ormai saldamente controllata da Genova, si procede a notevoli interventi edilizi. Il tardo Medioevo è un periodo di grande crescita economica ed urbanistica nei centri del Ponente ligure. San Remo è pienamente coinvolta in questo clima. All'inizio del XVI secolo l'antica chiesa di San Giovanni viene radicalmente modificata. Gli scavi individuano con precisione le fondazioni del nuovo edificio sacro. La sua funzione battesimale è chiara, per la scelta di una pianta centrale, a croce greca. Si trattava di uno dei pochi edifici simili in Liguria, costruito a ridosso di un periodo molto difficile lungo le coste, a causa del pericolo dei pirati barbareschi.
Nel 1505 l'influente famiglia sanremese dei Palmari istituisce una cappellania in Battistero, con diritto di sepoltura. La famiglia si era probabilmente impegnata nel finanziamento della ricostruzione dell'edificio. Infatti, quasi al centro del vano si trova un insieme archeologico molto interessante e complesso. Due tombe affiancano un piano di calpestio superiore. Quest'ultimo è pavimentato in mattoni, in posizione "a lisca di pesce", ancora secondo un impiego di tradizione medievale. Le tombe di fianco appaiono a livelli sovrapposti e possono essere posti in relazione con la cappellania Palmari.

Il XVII secolo.

L'immagine del Battistero trova una definizione completa ed attuale all'inizio del Seicento. Le fonti dell'epoca sono ricche di particolari. Appaiono utili in particolare le parole del "Sacro, e Vago Giardinello", resoconto delle visite pastorali del Vescovo di Albenga Pier Francesco Costa (databile tra 1625 e 1653). Il battistero viene definito "nuova fabrica di vaga architettura", con pianta quadrangolare, dotata di coro a settentrione e di ingresso a mezzogiorno, con tre altari. Si fa riferimento all'antica struttura dell'edificio, evidentemente in parte riutilizzata nella ricostruzione del primo Cinquecento. Si parla anche di un "antichissimo vaso marmoreo di fonte", il fonte battesimale mai ritrovato e la cui collocazione cronologica non è semplice. Il nuovo edificio di San Giovanni viene benedetto nel 1634. I rimaneggiamenti sono singolari. Vengono eliminati i bracci meridionale e occidentale della chiesa a croce greca e, probabilmente, risistemata o innalzata nuovamente la cupola. A ridosso di questi interventi vanno situati ritrovamenti quanto meno curiosi.
Sotto il livello attuale della pavimentazione, fra l'altro, è comparsa una struttura adatta alla fonderia di campane, databile tra XVI e XVII secolo, in quanto collocata sotto il livello del pavimento seicentesco.

Condizione e sviluppo.

Anche se lo stato attuale del Battistero (2002) non appare dei migliori, si apprezza il progetto che potrebbe trasformare il sito in un'esposizione museale parrocchiale di indubbio valore. In questo modo tanto i cittadini sanremesi quanto i turisti potranno ammirare l'interno dell'edificio sacro, le sue collezioni d'arte e pure il sito archeologico disposto sotto l'attuale pavimento. Si spera inoltre di poter attuare un'operazione complessiva di restauro dei quadri presenti, alcuni dei quali si trovano in condizioni non positive.

Le opere.

Autore: marmoraro genovese
Titolo dell'opera: Portale
Tecnica: marmo bianco di Carrara scolpito
Misure: 377 x 235 x 25 cm.
Data di esecuzione: XVI secolo

L'opera è stata reimpiegata nella luce interna dell'attuale portale di ingresso. Si compone di due stipiti decorati con motivi fitomorfi e di fantasia, detto a candelabra o a "grottesca". L'architrave è incisa da una scritta che fa riferimento alla realizzazione dell'opera in onore della Vergine e da parte dei confratelli della Santa Maria delle Grazie. La cimasa è completata da un arco a lunetta con elementi decorativi, volti angelici, delfini a rilievo ed un teschio sommitale. Tutti questi ultimi particolari hanno uno specifico valore simbolico.   DATA 1584 O 1634 ???

Questa pregevole struttura di decorazione architettonica è stata sicuramente reimpiegata. In base a fotografie degli anni Trenta del Novecento si evince che il portale si trovava a protezione della cappella destra del Battistero. Ne consegue un successivo spostamento con qualche alterazione degli elementi decorativi. In particolare tali elementi culminano con il teschio, chiara allusione alla dimensione funebre. Stando all'iscrizione, la cappella doveva essere in relazione con la compagnia della Madonna delle Grazie. Si trattava dunque della figura devozionale agganciata al tema del Suffragio dei Defunti, particolarmente vivace nella realtà socio-religiosa del Ponente ligure. R4


Autore: Domenico Piola (Genova, 1628-1703).
Titolo dell'opera: Il transito della Vergine.
Tecnica: dipinto ad olio su tela.
Misure: 170 x 120 cm.
Data di esecuzione: seconda metà del XVII secolo.

Commento: l'opera raffigura il momento della morte della Vergine, attorniata dagli Apostoli. Il fulcro dell'immagine coincide con il volto della Madonna morente. L'equilibrio compositivo si concretizza in un'atmosfera serena, tale da fornire una profonda immedesimazione al fedele in merito ai valori esemplari della buona morte. Il dipinto fa parte della produzione più matura del Piola, il più importante pittore genovese della seconda metà del XVII secolo. Non si conosce la provenienza dell'opera, anche se si può pensare ad una delle chiese di San Remo profondamente rimaneggiate tra XIX e XX secolo.

Autore: Orazio De Ferrari (Voltri 1606- Genova 1657)
Titolo dell'opera: la Comunione della Maddalena
Tecnica: olio su tela
Misure: 264x184
Data di esecuzione: quinto decennio del XVII secolo

Commento: il grande dipinto è una pala d'altare proveniente dalla chiesa dei Cappuccini di Porto Maurizio, ora chiesa parrocchiale sotto il titolo di San Benedetto Revelli. Il titolo originale della chiesa portorina era proprio quello della Maddalena. Si tratta di uno dei più riusciti ed ammirati dipinti di Orazio De Ferrari, a lungo attivo nel Ponente ligure e nel Principato di Monaco, ove aveva pure ottenuto particolari onoreficenze. È un De Ferrari maturo quello che realizza quest'opera, calcolata e studiata nell'impaginazione. Appaiono brani notevoli il capo austero di San Massimino, il volto estenuato della Vergine, i chierichetti e gli angeli coinvolti nell'ambientazione e la natura morta di oggetti sacri disposti all'altare.

Autore: Maurizio Carrega (Porto Maurizio - San Remo 1818).
Titolo dell'opera: I santi Agostino e Giovanni Nepomuceno con un gruppo di pellegrini.
Tecnica: olio su tela
Misure: 252 x 172 cm.
Data di esecuzione: 1780 circa.

Commento: l'opera è legata pure alla provenienza da un sito religioso sanremese non ancora ben identificato. Vi è stata anche incertezza in relazione al riconoscimento di Sant'Agostino, confuso anche con Sant'Anselmo d'Aosta, figura peraltro poco presente nel contesto locale.  L'opera presenta una costruzione legata al barocco maturo. Le figure maggiori appaiono allungate e modulate nel dinamismo delle vesti. I fedeli potevano osservare anche la realistica scena nel primo piano inferiore. Si tratta di un gruppo di pellegrini, diretti lungo la costa verso alcune case. In pratica un'immagine di "vita vissuta" che fa di questo dipinto una valida testimonianza d'epoca. Proprio al tardo Settecento si riferisce anche la presenza di San Giovanni Nepomuceno, una devozione che migra dall'Europa centrale come sostegno all'attività sacerdotale ed all'attenzione per la figura mariana.

Autore: ignoto pittore della Liguria di Ponente.
Titolo dell'opera: Allegoria della Fede
Tecnica: dipinto ad olio su tela centinata, montata su sportello di tabernacolo.
Misure: 39 x 19 cm.
Data di esecuzione: secolo XVIII

Commento: la figura principale è una donna vestita di bianco, seduta, mentre sorregge con la destra il calice con l'ostia, mentre con la sinistra presenta la croce, segno del sacrificio salvifico di Cristo. Quest'immagine contrasta notevolmente con lo sfondo color bruno-ocra. Alle sue spalle si notano due immagini angeliche. Il soggetto è in diretta relazione con la collocazione al tarbernacolo dell'altare. Tale altare proviene dalla chiesa di San Siro. Si trattava infatti di un altare laterale della collegiata, smantellato nel 1938 e rimontato in Battistero. La tipologia di quest'altare è collocabile tra XVII e XVIII secolo. In effetti potrebbe essere stato realizzato dalle maestranze lombardo-genovesi residenti a San Remo fin dalla fine del Seicento. La stessa mano dell'artista che ha realizzato l'immagine della Fede è facilmente riconoscibile nel contesto pittorico sanremese.

Autore: ignoto pittore ligure.
Titolo dell'opera: Santa Lucia, Sant'Antonio Abate, Sant'Antonio da Padova e San Bernardino da Siena
Tecnica: dipinto ad olio su tela.
Misure: 271 x 182 cm.
Data di esecuzione: secolo XVII
Commento: l'evidenza dei protagonisti dell'opera è resa possibile dai raggi luminosi che scaturiscono dalla presenza di Cristo, identificabile nel monogramma IHS. Tra le figure presenti si distinguono Santa Lucia, la quale, con la mano destra, sostiene un vassoio recante i suoi occhi, mentre con la mano sinistra aiuta il suo sguardo a raggiungere il segno divino. Accanto a lei, Sant'Antonio Abate è inginocchiato in atto di preghiera rivolto verso la luce divina. Anche Sant'Antonio da Padova è attratto dalla presenza mistica e alza lo sguardo in direzione della luce. Quest'ultima risulta dunque quale protagonista dell'opera, fonte di luminosità che rischiara lo sfondo scuro del quadro per la sua posizione centrale e soprattutto per ciò che rappresenta. L'immagine simbolica è direttamente collegata al santo di riferimento, che poi è San Bernardino da Siena, predicatore nel nome di Gesù, simboleggiato dal trigramma IHS.
Un'iscrizione ed un blasone a scacchi in bianchi e neri appaiono quanto mai interessanti per una futura identificazione della provenienza del dipinto, attualmente non collocabile. Nell'iscrizione si parla infatti di una "cappella degli Eredi Ghirardi".


Autore: ignoto pittore ligure
Titolo dell'opera: La Madonna con Gesù Bambino e due Santi.
Tecnica: dipinto ad olio su tela
Misure: 210 x 130 cm.
Data di esecuzione: secolo XVIII

Commento: il volto sereno della Vergine Maria domina il dipinto. Verso quest'effigie è rivolta l'attenzione degli altri due protagonisti della scena. Nel registro (parte) inferiore si notano due santi, identificabili forse come i Santi Crispino e Crispiniano. L'uno è raffigurato con un libro nella mano sinistra, mentre con l'altra mano indica la Madonna. L'altro cammina con passo veloce, suggerito dalla posa dinamica. In realtà gli arnesi presenti ai piedi dei due santi lasciano intendere il loro impegno come artigiani calzolai. Crispino e Crispiniano sono infatti patroni dei ciabattini. In forza di tali presenze, si può intuire che in un edificio sacro sanremese esisteva un altare a loro dedicato e dunque si può ipotizzare in città un compagnia che riuniva i lavoratori nel settore calzaturiero e del trattamento del cuoio.


Autore: ignoto pittore ligure
Titolo dell'opera: la Madonna con Gesù Bambino e Sant'Antonio Abate
Tecnica: dipinto ad olio su tela centinata
Misure: 245 x 270 cm.
Data di esecuzione: 1651 e XVIII secolo.

Commento: i protagonisti dell'opera sono la Madonna, seduta su di una nuvola, con Gesù Bambino sulla sua destra, mentre cherubini ed angeli appaiono attorno e Sant'Antonio Abate offre la sua devozione, in basso a detra. Il settore dell'opera storicamente più importante è la veduta di San Remo datata al 1651. Le figure dipinte sono evidentemente successive.
Il panorama di San Remo risulta essere particolarmente dettaglia, per quanto riguarda l'urbanistica in generale e le principali emergenze architettoniche. L'immagine non può che suscitare interesse nell'osservatore, soprattutto nei residenti, in ragione delle profonde trasformazioni che la città ha subito nel corso degli anni. Si notano chiaramente i corsi d'acqua del San Romolo e del San Francesco, la strada di collegamento fra il porto e la Pigna, la via litoranea che coincide con l'attuale via Palazzo, il grande monastero delle Monache Turchine e gli insediamenti urbani. Appare una San Remo circondata dal verde, con giardini e piantagioni di lussureggianti agrumi.

 


Autore: ignoto pittore ligure
Titolo dell'opera: L'angelo custode
Tecnica: dipinto ad olio su tela centinata
Misure: 240 x 161cm.
Data di esecuzione: secolo XVIII

Commento: l'opera si presenta nella forma di una grande pala d'altare, proveniente comunque da un altare dismesso da una delle tante chiese sanremesi.
L'impaginazione dell'opera è sicuramente settecentesca. Il diavolo, rosso e pericoloso, è in basso, mentre il monumentale angelo porta con sé il bambino protetto. L'iconografia nasce dalle vicende dell'arcangelo Raffaele e Tobiolo. Un episodio biblico che ravviva una forma devozionale molto frequente nel Ponente ligure durante il pieno Settecento. La datazione dell'opera è dunque del tutto settecentesca, riferibile a modelli importanti, realizzati in area imperiese da figure come Imperiale Bottino. In questo senso, l'opera del Battistero è importante in relazione alla possibilità futura di ricostruire il complesso ambito pittorico sanremese del XVII e XVIII secolo.

Autore: ignoto scultore ligure-lombardo
Titolo dell'opera: Madonna con Gesù Bambino.
Tecnica: statua marmorea
Misure: 150 x 75 x 49 cm.
Data di esecuzione: secolo XVIII

Commento: l'opera proviene dall'altare del Carmine della collegiata di San Siro, ormai smantellato. È stata quindi trasferita in Battistero. La statua riprende il motivo della "Madonna delle Vigne" originaria nel Santuario di Santa Maria delle Vigne in Genova. Si tratta di un modello assai diffuso in area ligure per influenza genovese nel contesto della prima metà del Seicento. Caratterizzata da una certa rigidità, riprende i temi svolti dagli scultori lombardo-ticinesi durante quella fase storica.

 

San Germano e le sue storie.

Gran parte del complesso di opere pittoriche conservate nella quadreria del Battistero si concentra nella serie delle Storie di San Germano. Si tratta delle opere che adornavano il vicino oratorio di San Germano, demolito dopo l'ultimo conflitto mondiale. Fortunatamente i dipinti sono stati risparmiati dalla demolizione. L'oratorio di San Germano era noto per la sua immagine barocca, che ammantava l'originaria struttura tardomedievale.
Appare di notevole importanza la relazione al titolo, che è quello di San Germano di Auxerre (Francia). San Germano è vissuto nel IV sec. d.C. (378-448). Uomo di cultura, aveva studiato a Roma ed esercitava la professione di avvocato, divenendo governatore provinciale. Venne scelto nel 418 quale Vescovo di Auxerre, pur essendo sposato. Avrebbe comunque adottato un contegno molto umile, vivendo castamente e poveramente e fondando monasteri. Era intervenuto anche nella vita religiosa britannica. In particolare aveva messo in fuga gli eserciti dei Pitti e dei Sassoni (in Gran Bretagna) e poi anche quello degli Alani nella sua regione. Impegnato contro le eresie, si recò ancora in Italia, a Ravenna, per intercedere presso l'imperatore. Morì a Ravenna nel 448, ammirato ormai anche dall'ambiente imperiale.
La sua devozione è stata immediatamente viva in Armorica, regione di Auxerre, e in Gran Bretagna. Le sue storie sono state raccolte nel 480 da un discepolo, Costanzo prete di Lione, in una Vita Germani.
Appare dunque interessante vedere come la devozione per San Germano sia radicata a San Remo. Ciò è probabile in forza di un legame tradizionale con l'ambito provenzale e francese. Inoltre il titolo è stato fatto proprio da un sodalizio laico a finalità religiosa, come una confraternita. Le scene raffigurate sono riferibili complessivamente alla "vita" scritta da Costanzo, con adattamenti alle opere di Misericordia. Il santo non compare sempre in abiti vescovili. Le opere sono riferibili alla mano di un solo pittore, capace di organizzare scene di un certo respiro, con fughe prospettiche e tendaggi scenografici. La fisionomia delle figure rimanda ad una traduzione esecutiva ancora seicentesca, che potrebbe comunque giungere a maturazione nel secolo successivo, accettata dal pubblico.

Autore: ignoto pittore della Liguria di Ponente.
Serie delle Storie di San Germano
Tecnica: dipinto ad olio su tela
Misure: 288 x 200
Data di esecuzione: secolo XVII-XVIII

San Germano disputa sulle possibilità di compiere miracoli.

Noto episodio della vita di San Germano, riferibile alla sua attività contro l'eresia, in particolare quella pelagiana. Appare notevole la complessità realizzativa, con i molti personaggi ed il riferimento trinitario in alto.

San Germano resuscita un uomo.

Questo soggetto è riferibile ad una dimensione "miracolistica" del Santo, particolarmente attrattiva sulle classi sociali più basse. Impressiona lo sfondo architettonico e l'insieme di elementi lugubri e funebri, peraltro tipici del contesto decorativo delle sede confraternali. Le confraternite erano particolarmente attive nel campo del Suffragio per i defunti.

San Germano guarisce un giovane.

Nell'immagine relativa al miracolo si concentrano tematiche simboliche allusive all'eresia estirpata (i serpenti che escono dalla botola) ed all'impegno esorcistico del santo.

San Germano guarisce un giovane ai margini del porto.

In questo caso il tema miracolistico è legato ad un ambiente di evidente riferimento ligure. Sono particolarmente interessanti e curati i brani di genere con le barche e le navi. La circostanza rivela un'attenzione specifica dell'autore ad immagini, che, probabilmente, aveva costantemente di fronte nella rada cittadina.

San Germano libera i carcerati.

L'autore del dipinto si è impegnato nell'indirizzare l'attenzione del pubblico sui visi dei carcerati, riuscendo così a mostrare la sincera meraviglia di questi ultimi per l'inattesa liberazione ad opera del Santo, posto in primo piano, orante in ginocchio. Come sfondo ai personaggi si trova il carcere con le pesanti sbarre, mentre sulla sinistra appaiono dipinti palazzi dall'aspetto rinascimentale, capaci di attualizzare la scena. Ai lati degli edifici appare una colonna spezzata, presagio di morte. Si può effettuare un parallelismo tra la liberazione dei condannati a morte da parte di San Germano e la salvezza offerta a noi da Gesù, mediante il suo sacrificio.

San Germano caccia l'esercito turco.

Questo episodio fa riferimento forse al più celebre momento della vita del santo. La circostanza curiosa è che il tema originale è stato adattato all'ambito mediterraneo. Infatti si narra che il santo aveva convinto i Britanni a scacciare l'esercito dei Pitti (popolazione scozzese) e dei Sassoni urlando all'unisono un potente "Alleluia". Indubbiamente, dalle parti di San Remo, non avrebbero neanche saputo rappresentare i Pitti, che così sono stati sostituiti dai nemici di sempre, i Turco-Barbareschi.

 

Bibliografia.

LAMBOGLIA N., Ricerche nel Battistero di Sanremo in "Rivista Ingauna e Intemelia", VI, 1-2, gennaio-giugno 1951, pp.29-30.

N.LAMBOGLIA, Scavi e scoperte nel Battistero di Sanremo in "Rivista Ingauna e Intemelia", XV, 1-3, gennaio-giugno 1960, pp.23-29.

F.GANDOLFO, La canonica medievale di S.Siro a Sanremo: riflessioni in vista di un restauro in "Rivista Ingauna e Intemelia", XLIX-L, 1994-1995 (1998), pp.43-54.

G.BELLEZZA, La chiesa di S.Siro e la canonica del XII secolo di Sanremo nei documenti della Soprintendenza in "Rivista Ingauna e Intemelia", XLIX-L, 1994-1995 (1998), pp.55-70.

C.PORRO, Note preliminari sullo scavo della canonica di S. Siro a Sanremo in "Rivista Ingauna e Intemelia", XLIX-L, 1994-1995 (1998), pp.71-74.

G.FERRARI, Il complesso ecclesiale di S.Siro a Sanremo. I. Il Battistero in "A Gardiora di Matussian", XIX, 3, luglio-settembre 2000, p..4-5.


Il Battistero


Powered by Rainbow